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Europa e immigrazione – dal Sole24Ore del 29.10.14

Londra si defila dai soccorsi dei migranti
Leonardo Maisano
LONDRA. Dal nostro corrispondente
La Gran Bretagna non ci sarà, nessuna unità con l’Union Jack parteciperà alle operazioni di ricerca e salvataggio nel canale di Sicilia per gestire le conseguenze dell’ondata migratoria dal Nord Africa. Il motivo è, apparentemente, strategico. «Azioni del genere – ha precisato un portavoce del ministero dell’Interno inglese – finiscono per agevolare l’immigrazione illegale e il traffico di
esseri umani, incoraggiando i migranti a intraprendere viaggi eccessivamente pericolosi. Tutto ciò ha provocato molte vittime con l’utilizzo di imbarcazioni inadeguate alla traversata». 
Londra si defila, dunque, da un capitolo specifico delle operazioni nel Mediteranneo – search and rescue – ma precisa di voler dare un contributo alla missione Ue Triton che scatterà il 1° novembre e dovrebbe, almeno in parte, sostituire Mare Nostrum, il piano d’azione italiano che ha tratto in salvo 150mila persone. La Gran Bretagna s’è detta disponibile ad offrire «supporto iniziale» a Triton sotto forma di «esperti e aiuti finanziari» e si riserva ulteriori misure. Nessun salvagente, però, e tanto basta, inevitabilmente, per sollevare polemica e incontestabili accuse di cinismo mosse al governo di Londra dalle maggiori organizzazioni umanitarie che si occupano di immigrazione. Maurice Wren responsabile del British refugee council è stato lapidario. «La gente che fugge dalle atrocità che si consumano in parte dell’Africa non smetterà di scappare perché non si lancia loro una ciambella di salvataggio». Eppure è proprio questo che sembra credere il Foreign office affidandosi alla parole che il sottosegretario Lady Anelay ha pronunciato alla Camera dei Lord. «Non sosteniamo operazioni del genere perché si trasformano in un involontario magnete per i trafficanti di esseri umani…il modo più efficace per mettere fine a questo fenomeno è concentrarsi sui Paesi di transito e di origine dell’immigrazione». È possibile ma i tempi perché azioni del genere siano efficaci sono biblici e intanto il conto delle vittime si farebbe infinito.
È difficile non collegare l’atteggiamento di Londra verso il Mediterraneo con il duello che il governo Cameron ha avviato con la Ue sul tema dell’immigrazione intraeuropea. Il flusso migratorio verso Londra è oggi il tema più sensibile della scena politica britannica, destinato a orientare la campagna elettorale in vista del voto di maggio. La spinta dell’Ukip sui Tory costringe il premier in un angolo, suggerendogli di adottare misure e toni sempre più rigidi. L’idea che “taxpayers money”, il denaro dei contribuenti, come si precisa sempre nei dibattiti a Westminster, possa finire nelle operazioni di pattugliamento del fianco sud dell’Ue rischierebbe di dare fuoco alle polveri del dibattito interno.
Se questa è la congiuntura della politica nazionale britannica, la realtà dei fatti dà a Londra buone ragioni per considerare l’immigrazione un problema serio. A sostegno di David Cameron è intervenuto ieri il sindaco di Calais Natacha Bouchart per l’Ump. «La gente – ha detto dopo gli scontri fra la polizia francese e i migranti che cercavano di salire sulle imbarcazioni dirette in Gran Bretagna – vede Londra come un El Dorado per la mancanza di carta di identità e il generoso welfare system».

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